Il Museo Fernand Léger di Biot

di Alessio Santiago Policarpo

 

 

 

 

IMG_6316Il museo Fernard Léger a Biot – piccola località tra Cannes e Nizza – venne inaugurato nel 1960, con una grande cerimonia organizzata da Pablo Picasso, Georges Braque e Marc Chagall, le personalità che avevano segnato il percorso artistico di Léger agli inizi del Novecento, durante l’alba delle avanguardie; l’edificio, innalzato per volontà della moglie Nadia e dell’assistente George Bauquier, venne progettato da André Svetchine proprio laddove l’artista, poco prima di morire nel 1955, aveva comprato una villa, quando scelse la Costa Azzurra come luogo dove dedicarsi alla creazione di ceramiche.  Un piccolo parco, creato dal paesaggista Henri Fisch, circonda la costruzione; in esso si trovano un bar e delle strutture imitanti le opere di Léger dove possono giocare i bambini. Dominano all’esterno tre grandiosi mosaici: quello dell’entrata principale (da un progetto pensato per lo stadio di Hannover, e mai eseguito), e quelli delle facciate est e ovest, commissionati alla fine degl’anni Ottanta a Heidi Melano (ispirati a bozzetti degli anni ’50 che Léger concepì per la triennale  di Milano e per l’università di Caracas). Dal 1987 al 1990 l’edificio venne ampliato secondo i progetti di Bernard Schoebel, il quale costruì un’ala supplementare, raddoppiando così gli spazi consacrati alle esposizioni. Un ultimo aggiornamento del museo ci fu dal 2004 al 2008, riguardante sia l’esposizione, modificata da Marc Barani, che l’arredamento, rivisto da Eric Benqué; la parte esterna, invece, venne restaurata da Philippe Déliau. Il museo e la collezione ivi conservata, costituita da più di 300 opere, pervennero allo Stato francese sottoforma di donazione da parte della vedova Nadia Léger e Bauqier nel 1969, atto per cui il Musée Léger divenne museo nazionale.

 

 

 

Le opere della collezione permanente sono contenute in sale tipiche della museografia francese moderna (analoghi esempi sono il Mamac di Nizza o il Centre Pompidou a Parigi): pareti bianche, muri che scandiscono e ‘animano’ lo spazio, lucernari piccoli e diramazione delle opere.

 

 

 

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Al pian terreno vi sono delle sale per le mostre temporanee e un laboratorio per bambini, e come cornice della collezione, all’interno della struttura, sono esposti arazzi e vetrate, e alternate alle opere vi sono alcune riproduzioni di fotografie d’epoca dell’artista. In una apposita sala sono esposte diverse ceramiche di Léger, raffiguranti vari temi: animali, fiori, figure umane dalle membra slogate e serpentine ed elementi astratti; tali lavori mostrano la poliedricità e la capacità tecnica e inventiva dell’artista.

 

 

Salendo al primo piano si inizia il percorso della parte più importante della collezione. Le tre prime opere, presentate su un’unica parete, ci rivelano gli albori dell’arte di Léger, dei primissimi anni del Novecento: di gusto impressionista e di grande raffinatezza, le tele raffigurano rispettivamente un ritratto dello zio, un ameno giardino e le fortificazioni costiere di Ajaccio, quadro, quest’ultimo, dall’atmosfera evocativa e melanconica.

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Les fortifications d’Ajaccio, 1907

 

IMG_6344Continuando l’iter notiamo immediatamente la virata totale dell’artista: lo si vede già, nella parete accanto a quella delle prime opere, in Contrastes de formes  del 1913, l’anno in cui si svolse la nota mostra dell’Armory Show a New York, a cui partecipò lo stesso Léger, evento con cui le avanguardie europee approdarono in Nord America. A questo punto è la sperimentazione di forme, di colori e di spazialità ad essere al centro delle ricerche di Léger, dunque egli costruisce il suo percorso attingendo al panorama parigino in cui egli era immerso, subendo pertanto l’influsso di Picasso, di Braque, e dei codici stilistici, semantici e concettuali del cubismo (lo vediamo chiaramente in Esquisse pour la femme en bleu del 1912). Notiamo nelle sue opere due tendenze: nella prima Léger, tramite forme fluttuanti o volumetrie geometriche, persegue la tabula rasa e la tautologia, mentre nella seconda egli ricorre a figure umane e oggetti che trasforma in bambole cubiste o aggeggi irriconoscibili. L’esito è che tutto sembra un gioco, un divertimento, un intreccio di elementi disparati; non c’è una narrazione o un messaggio preciso, la sua arte è semplicemente un gorgo di forme piacevoli, di figure sintetizzate e di situazioni casuali.

 

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Esquisse pour la femme en bleu, 1912

 

 

Come Marcel Duchamp, Léger gioca con la mitizzata immagine-icona della Gioconda, inserendola in una composizione caotica in cui sono dipinte anche diverse chiavi, forse alludenti alle molteplici chiavi di lettura del quadro e dell’arte in generale – l’arbitrarietà, o il concetto di opera aperta come formulato da Eco, è in effetti centrale dell’arte moderna e contemporanea; altri elementi del quadro ricordano ora Mirò, ora Carlo Carrà, ora Malevič.

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La Joconde aux clefs, 1930

Nonostante la poca originalità di Léger, forse scavalcato da giganti dell’arte ‘sovversiva’ come Picasso e Bracque, ideatori di un linguaggio più mentale e concettualmente raffinato rispetto a quello ludico e gaio di Léger, a questi va però riconosciuto l’aver precorso il gusto per colori accesi e forme piacevoli che quasi prefigurano le cromie e le linee della Pop art o del minimalismo; inoltre nelle opere esposte, sebbene siano per la maggior parte dell’età dei totalitarismi o degli anni Cinquanta, non traspaiono segnali di una società instabile o da poco uscita dalla guerra e alle prese con la ricostruzione – tranne, probabilmente, nei Le constructeurs del 1950. Non si avvertono né propositi di denuncia né astruse elucubrazioni, ma al contrario – come è stato riconosciuto anche a Matisse – regnano nelle immagini di Léger serenità ed evasione, e soprattutto la libertà di fantasticare e riplasmare in maniera gratuita la realtà.

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Vulcania (particolare), 1951 (progetto per la decorazione della sala da pranzo della nave Lucania)

 

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Les contructeurs, 1950

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Les plongeurs polychromes, 1942-1946

 

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Fernand Léger (Argentan, 1881 – Gif-sur-Yvette, 1955)

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